Chi è Giorgio De Lucia - Head Sommelier del ristorante Adamo&Eva dell'Hotel Eden Roc di Positano.
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Quando ho conseguito il diploma di Sommelier, il mio primo pensiero è stato: Adesso cosa faccio? Non ditemi che è finito qui? La curiosità e la passione per il vino che mi aveva spinto a diventare Sommelier, la felicità per esserci riuscito, era stata stranamente sostituita da un’irrefrenabile voglia di andare avanti e non fermarmi al semplice attestato. Cosa faccio? ho già un lavoro affermato, quindi non posso lasciarlo per diventare un Sommelier di professione, tra l’altro ho lavorato nella ristorazione per circa 15 anni, quindi sapevo cosa volesse dire lavorare anche a determinati livelli. Ho scelto di seguire una strada parallela, restare in contatto con il mondo del vino, dedicandogli quel prezioso tempo che ho a disposizione, scrivendo ad esempio e continuando a studiare e frequentare l’ambiente per non restare nell’ombra.
Ho deciso che questo blog doveva raccontare della figura del Sommelier, supereroi del terzo millennio, alle prese con clienti sempre più competenti ed esigenti. Ho voluto dedicare a loro questo spazio, colleghi, amici e conoscenti, affinchè questa figura “mitologica” abbia il giusto riconoscimento.
Inizio questo percorso con un amico, ricordo ancora quando l’ho contattato, a lui non sembrava vero, si perchè i Sommelier, lavorano un pò in incognito, sotto-copertura, sono professionisti umili, con tanto da raccontare. Non si limitano a fare salti mortali al fine di regalarti un’emozione nel bicchiere, ma sono custodi di segreti, storie di persone e di territori, esperienze più uniche che rare, conoscenze geografiche, storiche e enologiche.
Permettetemi di presentarvi, Giorgio De Lucia.
Ciao Giorgio, ti ringrazio di aver accettato il mio invito. Allora brevemente ti va di presentarti?
GIORGIO: Buongiorno a tutti, mi chiamo Giorgio De Lucia, per gli amici Giorgio Freccia, sono Head Sommelier del Ristorante Adamo&Eva dell’Hotel Eden Roc di Positano. Il mio percorso è stato particolare, perché prima di dedicarmi al settore turistico mi sono dedicato a tutt’altro, nello specifico allestimenti di spettacoli pirotecnici, alcune vicende spiacevoli successe nel corso di quella esperienza, (purtroppo perdita di alcuni amici dovuta all’esplosione dei loro opifici), mi hanno allontanato definitivamente da un mondo meraviglioso fatto di luci e colori, ma che comporta anche morti rischi. E quindi ho cominciato ad avvicinarmi al settore turistico, prima come Commis di sala e successivamente come Chef de Rang. La svolta arriva nell’immediato dopo pandemia, quando mi proposero di focalizzarmi sul mondo del vino. Dal canto mio avevo un minimo di cultura sul mondo del vino, grazie alla passione di un mio caro familiare, ho cominciato ad apprezzare tante piccole realtà vitivinicole. Ebbi la proposta di diventare sommelier dal mio responsabile di sala, il quale sosteneva che un’azienda deve coltivare Sommelier in casa e quindi da lì è stato un susseguirsi di impegno e di studio.
MW: Quali sono le caratteristiche principali che un sommelier deve possedere per svolgere al meglio il suo lavoro?
GIORGIO: Penso che è fondamentale non essere o sembrare saccenti dinanzi al cliente o a un tuo stesso collega, d’altronde a 90 anni non ha ancora finito di imparare. Serve umiltá in questo e soprattutto voglia di crescere.
MW: Come selezioni i vini per una carta dei vini in un ristorante? Quali fattori consideri?
GIORGIO: Ogni anno durante la pausa invernale sono in continua ricerca di nuove realtà, diverse degustazioni, sperimento a casa abbinamenti vino-cibo, (eh si so anche cucinare molto bene, potrei insegnare ad uno chef anche qualche piccolo segreto culinario “risatina”), frutto dell’esperienza maturata al fianco di un grande chef del quale sono nipote e che per anni è stato il primo chef all’Hotel San Pietro di Positano che è uno dei più importanti al mondo, rubando piccoli segreti e imparando a cucinare da solo. Ritornando alla selezione dei vini, posso dire con certezza che alcuni Sommelier si affida ai punteggi e alle guide, ma quante guide sono affidabili? Resterà sempre il parere di un solo critico e non di una platea, questo è il mio pensiero, mentre penso che un buon Sommelier è colui che scova piccole realtà e che osa proporle ai propri clienti, i grandi nomi già hanno il loro mercato e si vendono da soli, il consiglio che posso dare è fare una continua ricerca. Alcuni fattori da considerare sono le ricerche di mercato a livello mondiale e focalizzarsi magari su ciò che prettamente bevono alcune fasce di età in altre nazioni e credetemi farsi trovare pronti è fondamentale.
MW: Qual è il vino che consiglieresti a un principiante che si avvicina per la prima volta al mondo del vino?
GIORGIO: Non c’è un vino specifico, ma consiglio di bere qualsiasi tipologia dalle bollicine ai Sauternes passando per gli Ice-wine e anche i vini Macerati, bisogna avere una conoscenza a 360 gradi.
MW: Puoi spiegare il processo di degustazione di un vino e cosa dovrebbe essere notato in ciascuna fase?
GIORGIO: Per quanto riguarda il degustare un vino, se dobbiamo rifarci ai libri e alle lezione diventiamo tutti scolaretti, ognuno deve sentirsi libero di sentire cosa sta sprigionando quel calice e sentire l’evoluzione di minuto in minuto. Certo se si notano cose che non vanno come ad esempio, ( un vino che Sa di tappo, di brett, che visivamente ha un colore che non ti aspetti è bene che tu decida se continuare a degustare quel vino o passare oltre), importante è lasciarsi andare a tutte le sfumature che quel vino ti sta regalando, ogni assaggiatore o degustatore ha un parere soggettivo, (ti capita chi in un calice di chardonnay ci sente la pietra focaia e chi invece ci sente la vaniglia), sì purtroppo succede quando si esagera con il legno.
MW: Come si accoppiano i vini con i piatti? C’è una regola generale o dipende dalla situazione?
GIORGIO: Non c’è una regola per abbinare cibo e vino anche lì c’è molta soggettività, certo è bene sorprendere la persona che ami o il cliente con un buon abbinamento tra ciò che cucini e ciò che bevi, chi siamo noi per dire no ad un cliente che vuole bere un Super-Tuscan su una linguina con aragosta pescata nel mare di Positano?
MW: Quali sono le tendenze più interessanti nel mondo del vino oggi?
GIORGIO: Le tendenze sono tante, a volte sono solo mode passeggere, ad esempio i vini dealcolati a quel punto meglio scegliere un succo di frutta. La cosa che più mi sorprende oggi è la richiesta di vini più genuini, puliti, più leggeri e beverini e la curiosità crescente per gli orange wine.
MW: Che ruolo gioca la regione di provenienza di un vino nella sua qualità e caratterizzazione?
GIORGIO: La territorialità credo sia tutto nei vini.Ti permette di apprezzare appieno un ambiente circostante, se chiudi gli occhi puoi ritrovarti a picco sul mare in Costiera, o nelle campagne toscane tra le ceneri del Vesuvio e dell’Etna, nelle Langhe piemontesi. Note fruttate, macchia mediterranea, piccole conchiglie, lapilli vulcanici. È proprio il caso di dire che nel calice ti ritrovi il Mondo.
MW: Puoi raccontarci di un incontro memorabile che hai avuto con un produttore di vino o un sommelier durante la tua carriera?
GIORGIO: Sono all’inizio della mia carriera, ho avuto piacere di incontrare tanti artisti del vino, ma soprattutto uomini veri, cultori della terra, se devo esprimere i miei incontri direi che da nord a sud ho avuto modo di conoscere veri talenti sia come vignaioli che come Sommelier. Se devo dire la verità i vignaioli del sud sono quelli che mi danno più soddisfazione.
MW: Qual è il tuo vino preferito e perché?
GIORGIO: Il mio vino preferito resta sempre il Fiano di Avellino, perché per me rappresenta il perfetto connubio di correlazione tra uomo e natura. Ed è uno dei bianchi, che se lavorato bene può essere bevuto dopo 30anni.
MW: In un mondo in continua evoluzione, come pensi che la figura del sommelier si stia adattando alle nuove esigenze del pubblico?
GIORGIO: Dico sempre che bisogna stare al passo con i tempi con molta cautela. Purtroppo negli anni, la nascita di programmi tv spazzatura e guide, brave solo a fare interessi personali, hanno trasformato semplici roteatori di calici in sommelier da divano. Purtroppo oggi si guarda più al colore del vino nel calice che al lavoro che c’è dietro, purtroppo oggi se contraddici il cliente passi per spocchioso e non puoi permettertelo, oggi la clientela esige vini leggeri e bevibili e diventa sempre più difficile cercare di proporre delle novità, molti professori pronti solo a giudicare.
MW: Cosa pensi della crescente attenzione verso i vini naturali e biologici?
GIORGIO: Faccio una premessa, da amante di questa tipologia sono di parte, bevo biologico e vino genuino da anni. Voglio definirlo genuino perché tutti si spaventano e sparlano di vino naturale, in Italia dovevamo essere furbi come i francesi che hanno la dicitura Vin Methode Nature. Per citare alcuni esempi Drc è vino naturale, Soldera vinificava in modo naturale. Sosterrò sempre che i vini si fanno in vigna e non in cantina.
MW: Qual è il miglior consiglio che daresti a chi vuole entrare nel mondo del vino e diventare sommelier?
GIORGIO: Consiglio a chi voglia approcciarsi al vino, innanzitutto di metter da parte soldi e comprare varie etichette dalle meno blasonate come piccoli produttori alle più importanti. Visitare aziende, parlare con i produttori, ascoltare le loro parole, partecipare a una vendemmia. I testi vanno seguiti fino ad un certo punto, perché la pratica resta l’insegnante più importante.
MW: Ci sono dei miti o delle credenze errate che spesso senti sul vino che ti piacerebbe sfatare?
GIORGIO: Uno dei miti classici da sfatare, è proprio quello che fa riferimento all’abbinamento errato del vino rosso da abbinare al pesce. Sbagliato. La seconda è che un vino rosato dopo un anno e mezzo non è più buono da bere. Sbagliato. La terza è che le botti di legno dopo 10 anni vanno buttate. Sbagliato. E potrei ancora andare avanti.
MW: Cosa rende un’esperienza di degustazione unica per i tuoi clienti?
Vino, una stretta di mano per un consiglio a fine cena, quando hai fatto assaggiare una piccola azienda che il cliente non conosceva, anziché un etichetta blasonata, è una soddisfazione unica.
Articolo a cura di Mister Wine – Giovanni Scapolatiello – Sommelier Ais.